iconologia e bibliografia

Iconologia
overo descrittione dell'imagini universali cavate dall'antichità et da altri luoghi da
Cesare Ripa Perugino, opera non meno utile, che Gigliotti, MDXCIII, con Privilegio et con Licenza de' Superiori.

Ripa, Cesare (1560?-1625)
Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa
Perugino Notabilmente Accresciuta d'Immagini, di Annotazioni, e di Fatti dall'Abate Cesare Orlandi...
5 vols. Perugia: Stamperia di Piergiovanni Costantini, 1764-67.
Libro con belle xilografie in seppia pubblicate in Internet

Prima edizione elettronica in database
3 dicembre 2007 - elaborazione di ASiM
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ICONOLOGIA

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Voce AMORE
Descrizione AMOR DI FAMA
UN fanciullo nudo, coronato di Lauro con i suoi rami, e bacche, avrà nella destra mano in atto di porgere la corona civica; e nella sinistra la corona obsidionale, e sopra un piedestallo vicino a detta figura vi saranno distintamente quelle corone, che usavano i Romani in segno di valore, cioè la Murale, la Castrense, e la Navale.
Racconta A. Gellio, che la corona trionfale d'oro, la quale si dava in onore del trionfo al Capitano, o all'Imperatore, fù anticamente di Lauro, e l'Obsidionale di Gramigna, e si dava a quelli solamente, che in qualche estremo pericolo havessero salvato tutto l'essercito, o s'havessero levato l'Essercito da torno. La corona Civica era di Quercia, e gli antichi coronavano di quercia quasi tutte le statue di Giove, quasi, che questa fosse segno di vita, e i Romani solevano dare la ghirlanda di quercia a chi havesse in guerra difeso da morte un Cittadino Romano, volendo dare l'insegna della vita a chi era altrui cagione di vivere. Solevano ancora fare questa ghirlanda d'Ilice, per la similitudine di detti arbori. La Corona Murale era quella, che si dava al Capitano, overo al Soldato, che era stato il primo a montare su le mura del nemico. La Corona Castrense si dava a chi fosse prima d'ogni altro montato dentro i Bastioni, e alloggiamenti nemici. La Navale si dava a colui, che era il primo a montare sù l'Armata nemica. Et queste tre si facevano d'oro, e la Murale era con certi merli fatti a simiglianza delle mura, ove era asceso. La Castrense era fatta nella cima a guisa d'un bastione. La Navale haveva per ornamenti i segni de' Rostri delle Navi. Et questo è quanto bisognava scrivere in tal proposito per commodità de' Pittori.

AMORE DEL PROSSIMO
UOMO, vestito nobilmente, e con una mano mostri di legare la ferita di un povero, e con l'altra gli porga danari, secondo il detto di Cristo Nostro Signore nell'Evangelio.

AMORE DI SE STESSO
SI dipingerà secondo l'antico uso Narciso, che si specchia in un fonte, perché amar se stesso non è altro, che vagheggiarsi ritratto nell'opere proprie con sodisfattione, e con applauso. Et ciò è cosa infelice, e degna di riso, quanto infelice, e ridicolosa fù da i Poeti antichi finta la favola di Narciso, però disse l'Alciato:
SI come rimirando il bel Narciso
Nelle chiar onde, il vago suo sembiante
Lodando hor i begli occhi, hor il bel viso,
Fu di se stesso micidiale amante,
Così sovente avvien, che sia deriso
L'uom, che sprezzando altrui si ponga inanti
Con lodi, amor soverchio di se stesso,
È vanitade, è danno, è biasmo espresso.

AMORE DI VIRTÙ
UN fanciullo ignudo, alato, in capo tiene una ghirlanda d'Alloro, e tre altre nelle mani, perché trà tutti gli altri amori, quali variatamente da i Poeti si dipingono, quello della virtù, tutti gli altri supera di nobiltà, come la virtù istessa è più nobile di ogn'altra cosa, e si dipinge con la ghirlanda d'Alloro per segno dell'onore, che si deve ad essa virtù. Et per mostrare, che l'amore di essa non è corruttibile, anzi come Alloro sempre verdeggia, e come corona, o ghirlanda, che di figura sferica non ha giamai alcun termine. Però disse S. Paolo della Carità, che è il vero amore della virtù. La carità non è pericolo, che caschi in tempo alcuno. Si può ancor dire, che la ghirlanda della testa significhi la prudenza, e l'altre virtù Morali, o Cardinali, che sono Giustizia, Fortezza e Temperanza, e per mostrare doppiamente la virtù con la figura sferica, e co'l numero ternario, che è perfetto delle Corone.

AMORE, Scritto da Seneca nella Tragedia di Ottavia, e trasportato in lingua nostra così:
L'ERROR de' ciechi e miseri mortali
Per coprire il suo stolto, e van disio
Finge, ch'Amor sia Dio,
Sì par, che del suo inganno si diletti,
In vista assai piacevole, ma rio,
Tanto, che gode sol de gli altrui mali,
C'habbia a gli omerii l'ali,
Le mani armate d'arco, e di saette,
E in breve face astrette
Porti le fiamme, che per l'universo

AMORE VERSO IDDIO
UOMO, che stia riverente, e chino; ma con la faccia rivolta verso il Cielo, quale additi con la sinistra mano, e con la destra mostri il petto aperto.